Salve a tutti, qui è il vostro Magnamon88 di quartiere e oggi vi porto un articolo crossover. Oggi infatti farò una riflessione che può essere legata a qualsiasi ambito del gaming , dai classici FPS fino ad arrivare ai TCGO, ma anche nei più familiari TCG (qui su Dal Tenda). Nello specifico sarà una riflessione sulle community di gioco, in particolar modo quella italiana. Forse oggi sarò un minimo polemico, ma vi posso assicurare che non sarà niente di fine a sé stesso, anzi è un invito a una riflessione collettiva.
Chiunque mi conosca sa che io non sono mai stato un tipo competitivo per quanto riguarda i giochi online. Certo, mi piace vincere, ho persino una rubrica mensile sui mazzi competitivi di Eternal Card Game, ma sono sempre stato più un tipo da singleplayer. Se tuttavia da una parte è una cosa caratteriale, dall'altra parte mi sono accorto che probabilmente anche le community online ci hanno messo il loro con i loro atteggiamenti spesso poco…"espansivi". Oggi vi spiegherò cosa intendo, dunque allacciate la cinture e partiamo insieme alla scoperta di questo viaggio.
N.B. Questo articolo non vuole essere qualunquista, so che esistono tante persone che si impegnano per rendere le community un bel posto in cui stare. Però sono una minoranza, purtroppo.

Far parte di una community davvero significa far parte di un gruppo? (Immagine tratta da Overwatch)
NON SEI "PRO"? ALLORA SEI IL NULLA
Per chiunque non bazzichi nei giochi online, sappia che solitamente le classifiche sono divise in varie sottocategorie – i rank – con le quali suddividere i giocatori. Più si vince e più si sale nei vari rank, fino ad arrivare idealmente a quello più alto. Verrebbe logico pensare che in questo modo i giocatori possano in un qualche modo decretare i livelli di bravura degli altri. Una scala, che va dal nuovo arrivato fino al giocatore eccellente, con tutta una moltitudine di gradi intermedi, è l'ideale, no? Lo è in teoria, ma nella pratica no.
Questo perché una buona percentuale degli utenti delle community italiane divide i giocatori in due categorie: i "pro" e i "non pro". Badate bene che la seconda categoria è assolutamente dispregiativa: secondo loro se non si è dei "pro" allora non si ha alcun diritto a parlare del gioco. Poco importa se magari il "non pro" è uno che ci gioca dai tempi della Beta di gioco, non si è perso un aggiornamento e magari semplicemente non ha avuto mai tempo/interesse a raggiungere il grado più alto. È un "non pro", quindi non vale nulla!
Inoltre non si è mai ben capito cosa per loro significhi essere "pro". Si passa dall'arrivare al grado più alto ogni mese (le classifiche solitamente si resettano mensilmente), fino ad essere arrivare al grado più alto ogni mese con gli occhi bendati, giocando a testa in giù utilizzando combinazioni di tasti improbabili. Sapete quale è il colmo? Che tutta l'utenza appena descritta si dovrebbe mettere nella categoria "non pro", visto che solitamente pure loro non arrivano mai al grado più alto!

Ad esempio, in Hearthstone vi sono ben 26 rank in cui si suddividono i giocatori (nell'immagine non è presente il più alto, il Leggenda)
ESSERE COMPETITIVI A TUTTI I COSTI
Se adesso vi ho descritto quale è il comportamento di un utente medio, cosa dobbiamo dire di quelli che effettivamente sono bravi al gioco? Se ho appena detto che solitamente gli utenti prima citati non lo sono, allora i giocatori "pro" sono il versante migliore delle community? Purtroppo no. Qua purtroppo abbiamo un altro immenso difetto che possiamo definire in una sola parola: la "spocchia". Termine altamente scientifico per indicare la seria convinzione di essere i migliori in assoluto solo perché si è in alto nelle classifiche.
Un "pro" medio è innanzitutto uno che gioca soltanto competitivo. Modalità di gioco alternative, tattiche di battaglia differente da quelle principali, tutto quello che esula dal "giocare per scalare la classifica" è fuori dai suoi radar. In senso negativo però, perché "fuori dai suoi radar" è sinonimo di "modalità che valgono meno di zero". Gli sviluppatori di un gioco si impegnano tanto per poter offrire un'esperienza di gioco variegata? Per il "pro" medio è fatica sprecata: conta solo la classifica.
Per lui i "non pro" è gente con cui non avere nulla a che fare. Se qualcuno osa provare in una partita competitiva una tattica non convenzionale allora è solo meritevole di disprezzo. La cosa peggiore però, e qui sono praticamente sicuro si tratti di una cosa tipica della community italiana, è il non voler assolutamente aiutare i nuovi giocatori. Sei un "niubbo", cioè uno che gioca da poco e ancora quasi nulla sai sul gioco? Devi rimanere tale secondo il "pro" medio. Perché? Mai capito, forse non vuole avere potenziali avversari nei mesi a venire!

Tralasciamo poi tutto il discorso relativo ai giochi effettivamente competitivi ma disprezzati dai giocatori medi (Nell'immagine una lotta competitiva di Pokèmon)
QUANTO VALE STARE IN UNA COMMUNITY?
Tutto quanto quello che avete letto è stato il frutto di anni e anni di osservazione e di interazione con alcune community italiane di gioco online. Non ho idea se sia un discorso applicabile anche ad altri paesi, però da alcuni discorsi che mi è capitato di fare parrebbero proprio dei meccanismi italiani. Torniamo, dunque, alla domanda iniziale: vale davvero essere dei giocatori competitivi nelle community italiane? La mia risposta è: no, non ne vale la pena.
Per un utente medio per essere "pro" devi essere sempre al top dei top, senza poterti permettere nessun grado intermedio di bravura. Per i "pro" medi essere un giocatore competitivo significa dover guardare gli altri dall'alto verso il basso e disprezzare tutto quanto non sia relativo allo scalare la classifica. Come disse uno che conosco, i veri "pro" sono quelli che vogliono arrivare al massimo come maniera per divertirsi e per sfidare sé stessi, senza rendere conto a nessun altro e senza cercare l'approvazione di nessuno.
In generale, stare in una community online è un miscuglio di pregi e difetti. Da una parte si ha maniera di incontrare altri appassionati, poter chiedere aiuti e consigli, trovare gruppi di gioco. Dall'altra però si deve scontrare con una mentalità fatta di scontri e divisioni, in cui valgono principi dicotomici che non lasciano scampo: o sei bravissimo, o sei uno zero assoluto. Concludo questo articolo lasciando la parola voi con il sondaggio: cosa ne pensate? Siete concordi nel dire che le community italiane non siano esattamente il top, oppure i toni di questo articolo hanno esasperato una realtà non così grave?
In attesa di una vostra risposta, vi dò l'appuntamento alla prossima volta con un nuovo articolo!
– Fulvio "Magnamon88" Nicolamaria