Oramai è un dato di fatto: viviamo in un mondo polarizzato. Dalla politica all'informazione fino al semplice tifare una squadra, il tutto cerca sempre di dividere in due parti contrapposte. Questo andamento ha purtroppo contagiato il mondo dei videogiochi e in particolar modo le community video-ludiche. Presente la dicotomia, no? O sei un "pro", o sei un "nabbo"! Eppure in questa maniera ci stiamo scordando di loro: dei giocatori "medi". In un mondo che non accetta la scala di grigi in favore del bianco/nero, cosa significa essere uno di essi al giorno d'oggi?
Io sono Magnamon88 e questa riflessione è venuta fuori durante una delle mie felicissime sessioni con una Play Station 2 che sono riuscito a recuperare. È possibile che l'eccessiva competitività dei giorni nostri abbia fatto perdere di vista il puro gusto di giocare ad un videogioco? La cultura del fenomeno che permane i nostri giorni è tale da sovrastare qualsiasi cosa ed essere la priorità assoluta? Cercherò oggi non tanto di rispondere a queste domande, ma di mettere a fuoco alla situazione proprio da quel mezzo, da quella scala di grigi dei medi che ci stiamo scordando esista.

Che te ne fai di oltre 70 rank quando puoi dividere il mondo in due sole categorie?
O SEI PRO, O SEI NABBO!
Ne parlai già qualche tempo fa in uno dei miei articoli più discussi (sì, anche di più di quello recente su Final Fantasy VIII!): le community online, o per lo meno una buona fetta, dividono il tutto in due categorie. Da una parte abbiamo i "pro", cioè quelli bravissimi a giocare, in grado di massimizzare i punteggi migliori, di giocare Dark Souls utilizzando tutti gli strumenti del Band Hero come controller (no, non me lo sono inventato, uno l'ha fatto veramente!), ecc. E dall'altra parte i "nabbi", cioè quelli che non sanno giocare o che comunque non sono "pro".
A vedere le community, i giocatori "medi" sono una razza in via di estinzione se non estinta. Dov'è quello non troppo eccellente a giocare ma comunque con un po' di esperienza da non essere definibile come "nabbo"? Dov'è il mediano vero e proprio, con una tecnica di gioco posta in mezzo ai due estremi? Dove sono coloro che sono bravi a giocare ma non sono interessati a mostrare al mondo le loro capacità? Insomma, dov'è tutto quello scibile del giocatore tra il "pro" e il "nabbo", fuori dalla logica dicotomica in cui o sei bravo o sei incapace a giocare?
Pensare che semplicemente non frequentino le community porterebbe a una conclusione paradossale: che tutti i gruppi di discussioni online sono abitati soltanto da "nabbi" veri e propri e da "pro". Un simile scenario è altamente improbabile, ergo la soluzione più logica è aspettarsi che effettivamente siano lì, nascosti. Ma se è così, cosa spinge a nascondere un giocatore "medio" e a perpretare la polarizzazione nei due estremi fin troppo citati in appena tre paragrafi? In teoria non dovrebbero essere addirittura la maggioranza a far sentire la propria voce?

Il discorso poi si amplia ulteriormente se si prendono quei titoli destinati ad un pubblico più generico che video-ludico
TUTTI VOGLIONO UN FENOMENO
Io non seguo molto la scena rap musicale italiana, Caparezza a parte, però devo dire che mentre sto scrivendo mi risuona in mente la canzone "Fenomeno" di Fabri Fibra. Parlando in maniera generale siamo nell'era in cui la visibilità è tutto e se vuoi essere visibile allora devi essere un fenomeno. Sono finiti i tempi in cui bastava semplicemente far qualcosa bene: ora il tutto deve essere fatto in maniera eccezionale e superlativa. Parlando solo del mondo dei videogiochi, devi essere sempre il top del top in ogni classifica, il migliore in assoluto da essere come modello irraggiungibile per tutti gli altri – per l'appunto, un fenomeno.
Probabilmente è nella cultura del fenomeno che si annida il problema. Cosa succede se non sei un fenomeno? Nella logica polarizzata dei giorni nostri sei un non-fenomeno, ergo sei uno che non conta e non vale nulla. Traducete nell'ambito video-ludico e ritroverete, guardate voi il caso, le parole "pro" e "nabbo"! Forse allora i giocatori "medi" non è che siano scomparsi, ma semplicemente vengono messi in quel grandissimo insieme contenitore con sopra l'etichetta "nabbo", di cui allora perde il significato originale per diventare, in termini più precisi, "tutti coloro che non sono dei pro".
Quest'ultima definizione per lo meno non fare etichettare una buona parte delle community come gente novizia e che ancora deve imparare bene a giocare, cioè per l'appunto la definizione vera e propria del termine "nabbo" (il quale non è che un'italianizzazione di newbie, cioè novellino). Nelle community vi è quindi forse un enorme incomprensione generale? Nì. Il punto è che, di nuovo, o sei fenomeno oppure sei il nulla con la logica odierna. Quindi vi è probabilmente una consapevolezza di fondo che essere dei giocatori "medi" in questo sistema significa essere "il nulla".
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Che dire del caso Super Smash Bros, dove per anni e anni i "pro" giocavano solo ed esclusivamente al Melee?
SE ANCHE L'INDUSTRIA NON AIUTA…
Si potrebbe arginare tutto il discorso di cui sopra ad una specifica parte del mercato video-ludico: quello relativo ai giochi multiplayer. In effetti è in quell'ambito in cui la propria abilità nel gioco viene sempre messa a confronto con quella degli altri. Le classifiche e i rank diventano quindi i metro di paragone per giudicare la bravura, però si torna di nuovo a quanto detto, cioè si fa solo lo spartiacque tra i bravi e i non bravi, senza alcun modo di poter cercare uno spazio intermedio. Oramai non vi devo più ripetere le due categorie in questione, vero?
Se fosse così, allora forse i giocatori "medi" si sono spostati sui lidi più tranquilli e meno competitivi dei giochi singleplayer. Purtroppo siamo in una fase dell'industria videoludica in cui è la componente multiplayer ad essere vista con un occhi di riguardo. Certo, per fortuna le major non si sono scordate dell'altra metà del videogioco e ancora escono gran gioconi (basti pensare all'ultimo God of War), ma negli ultimi anni sono i titoli a forte impronta multi a fare la parte dei leoni. Può essere che anche l'industria favorisca, anche seppur indirettamente, la polarizzazione nei due gruppi?
Ho posto tante domande perché purtroppo è difficile dare una risposta esaustiva. Per come la vedo io, dovremmo tutti darci una calmata con la competitività a tutti i costi. Non dico che essere competitivi in sé sia sbagliato, ma dover sempre per forza puntare ad essere i migliori senza preoccuparci di altro ha contribuito a questo clima bianco / nero. Bisogna riscoprirsi giocatori "medi", rendersi conto che non tutti sono dei giocatori eccellenti ma allo stesso non sono dei totali imbranati al joystick, prima che questa cultura del "conta solo se arrivi primo" ci soffochi definitivamente.
Questo era ciò che avevo da dire sull'argomento. Vi invito a lasciare la vostra opinione con un commento qua su Dal Tenda oppure sui social (remember: opinioni costruttive, non insulti). Noi ci rivediamo al prossimo articolo!
– Fulvio "Magnamon88" Nicolamaria
Magnamon88
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